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Nell’antica Roma, in origine e durante i primi decenni della repubblica, si utilizzava il termine hortus per indicare un terreno, cinto da mura e annesso alla casa, in cui si coltivavano piante ed ortaggi ad uso alimentare, nelle case in campagna o nelle immediate vicinanze dei centri urbani. Nel periodo immediatamente successivo alla conquista della Grecia durante il II secolo a.C. la civiltà romana assimilò nuove conoscenze scientifiche e tecniche in campo agronomico, botanico e delle erbe medicinali. Il processo di ellenizzazione toccò tutte le classi sociali e la semplicità agreste iniziò ad essere conquistata dalla cultura e dall’arte dei giardini greci ed orientali, soprattutto egiziani e persiani. Il primo passo fu l’introduzione delle piante ornamentali e dei fiori. Si cominciò quindi a parlare al plurale di horti quando si adibiva una o più parti di terreno alla coltivazione di alberi da frutto, di vigneti, di uliveti, di zone popolate da sempre verdi come i cipressi o cespugli come il mirto o il rosmarino.
Il peristilium (cortile porticato), elemento caratterizzante della domus romana su cui si affacciavano tutte le stanze della casa, diventa sempre più punto di connessione tra interno ed esterno. Proprio nel peristilium, alla fine dell’età repubblicana nelle ville patrizie in città, nelle terme e nei teatri si iniziano ad allestire horti anche a scopo ornamentale. Questo tipo di giardino interno all’atrio porticato centrale prende il nome di viridarium. I personaggi pubblici più in vista, tra i primi e più celebri Lucullo e Sallustio, fanno costruire sontuosi giardini privati arricchiti da statue, fontane, tempietti, aiuole, siepi e zone popolate da piante sempre verdi sapientemente modellate in forme geometriche, umane ed animali dalla figura del topiarius. L’ars topiaria, secondo gli scritti di Plinio il Vecchio, nasce proprio alla fine del I secolo a.C. ad opera di Gaius Matius, che per primo iniziò a far crescere le piante in forme plastiche curandone meticolosamente la fase di potatura.
Nelle ville, soprattutto in età imperiale, i giardini diventarono elementi irrinunciabili per le classi sociali più elevate, luoghi eletti per dedicarsi alla convivialità e all’otium, condizione inscindibile dalla creazione poetica, musicale ed artistica in generale. A partire dal I secolo d.C. l’architettura del giardino diventa sempre più complessa con l’introduzione di giochi d’acqua, piscine riscaldate, viali di collegamento bordati da siepi fiorite tra la casa e strutture come i ninfei.
I pochi affreschi giunti fino ai giorni nostri hanno permesso di acquisire una certa quantità di informazioni sui giardini di epoca romana, da quelli delle domus a quelli delle ville imperiali, dalle tipologie di piante in uso alla loro distribuzione senza dimenticare il contributo dei più recenti studi di archeobotanica sui campioni di radici, semi e pollini conservati sotto la cenere di Pompei ed Ercolano. I giardini delle case meno spaziose venivano infatti estesi visivamente dipingendo i muri del peristilium con paesaggi naturali o giardini.
Tra gli alberi ad alto fusto venivano impiegati arbores silvestres (selvatici) come querce, castagni, pioppi, faggi e arbores urbanae (domestici) come pini, olmi, palme, tigli, cipressi e platani. Gli alberi da frutti veri e propri erano collocati in un’area specifica chiamata pomerium. Tra le piante ornamentali si preferivano arbusti sempre verdi come acanto, bosso, mirto e pervinca. I fiori erano poco utilizzati, principalmente come punti di colore.
Nella maggior parte dei giardini privati dell’antica Roma si individuano tre zone ben distinte. Lo xystus si trovava all’interno del peristilium o si collegava all’edificio principale attraverso un portico coperto e poteva configurarsi come terrazza o come zona verde ricca di viali protetti da rampicanti o rami di alberi modellati a galleria. Ad un livello inferiore l’ambulation era una zona verde con piante ornamentali, fiori e alberi ad alto fusto dedicata al passeggio e in generale alle attività legate all’otium. Infine il gestation era uno spazio circolare o ovale costruito attorno all’ambulation usato spesso per le attività a cavallo.
La massima espressione del giardino nell’antica Roma si raggiunge nelle ville imperiali. La totale mancanza di vincoli di spesa o di estensione danno vita ad un insieme perfettamente integrato nell’ambiente e nel paesaggio di abitazioni e di edifici di servizio, svago e rappresentanza, circondati da prati, zone boschive, colonnati, piscine, laghetti naturali e arricchiti da fontane, statue e qualsiasi altra cosa la fantasia suggerisse. Alcuni celebri esempio sono la Domus Aurea di Nerone, gli Horti di Mecenate, la Villa di Domiziano sui Colli Albani e la Villa di Adriano a Tivoli.