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Nel periodo medievale il giardino riflette i drastici cambiamenti sociali, culturali, politici ed economici prodotti dalla caduta dell’impero romano d’occidente. Questi fattori determinarono, probabilmente con il concorso di cambiamenti climatici, un forte declino dell’agricoltura, della floricoltura e della frutticoltura. Il giardino infatti quando è lasciato a sé stesso e preda delle incursioni nemiche tende a scomparire velocemente riassorbito dalla natura. I giardini antichi rimanevano nell’immaginario collettivo solo attraverso descrizioni letterarie e mitologiche del mondo greco e romano come il topos del locus amoenus e i Campi Elisi o attraverso opere naturalistiche come quelle di Varrone e Plinio. Nel pensiero medievale tra i grandi modelli archetipici del giardino possiamo considerarne cinque come principali. Il modello del giardino di Alcinoo nell’isola dei Feaci (Odissea, VII, vv. 112-132) e quello dei giardini pensili di Babilonia legato alle sette meraviglie del mondo antico, sono di carattere profano. Il modello dell’Eden biblico come paradisus voluptatis, quello dell’hortus conclusus (Cantico dei Cantici) e il modello del giardino di Giuseppe di Arimatea, luogo del sepolcro di Gesù e dove, in forma di hortulanus (giardiniere) appare a Maria Maddalena dopo la resurrezione (Gv. 20, 15), sono di carattere sacro. Due di questi l’Eden ed i Campi elisi, convergendo daranno luogo al concetto di Paradiso che sarà quindi utilizzato come paradigma nella costruzione di ogni giardino.

Agli albori del medioevo si sviluppa una fortissima esigenza di protezione per cui, dovendo vivere in ambienti fortificati come borghi e castelli, gli spazi verdi vengono relegati in spazi ridotti e principalmente adibiti alla sussistenza. Nei monasteri e nelle abbazie, centri in cui il sapere viene conservato e trasmesso, il concetto di giardino riprende a svilupparsi, soprattutto come hortus conclusus, orto chiuso, cinto da alte mura e di frequente con una fontana centrale (simbolo di Cristo come fonte di vita). La struttura del giardino monastico mantiene quasi inalterata la suddivisione dei giardini delle ville romane e viene codificata nell’anno 534 nella Regola di San Benedetto da Norcia. Quattro erano le zone principali, una dedicata alla coltivazione delle verdure (horti), una agli alberi da frutto (pomaria), una ai giardini con alberi e piante ornamentali (viridaria) e infine una alle erbe officinali (herbaria). Il pensiero medievale vede l’hortus conclusus come simbolo della sposa, della Chiesa e della Vergine Maria. Tra le piante e le specie floreali con la più profonda connotazione simbolica troviamo la rosa (simbolo della Vergine e del sangue divino), il giglio (la purezza) e la palma (giustizia e gloria).
In epoca più tarda il giardino medievale, sempre come hortus conclusus, si sviluppa anche nei castelli e più di rado nei palazzi cittadini. Rispetto alla regola benedettina viene privilegiato il viridaria, che assume il nome di verziere o giardino delle delizie e diventa il fulcro della vita di corte e ambientazione per eventi politici e sociali di rilievo. Qui cavalieri e dame danzavano, conversavano, ascoltavano musica e giocavano a carte o scacchi. Luogo immaginario, archetipo artistico e topos letterario divenne il palcoscenico ideale delle imprese cavalleresche e dell’amor cortese e descritto in innumerevoli opere letterarie, poetiche, canzoni e raffigurato in affreschi e miniature. Come giardino dedicato in particolare al piacere venne progressivamente arricchito di statue, panchine, padiglioni, voliere e di una zona intima e appartata detta giardino segreto che ne costituiva il cuore. Le altre zone come il frutteto e l’orto vero e proprio diventano secondarie come anche l’Herbolarius ridotto spesso ad un’aiuola e pochi vasi di erbe aromatiche e officinali che prendeva il nome di orto dei semplici.


AIl giardino medievale canonico vede il suo massimo splendore tra il XIII secolo e la prima metà del XV secolo, quando inizia lentamente ad essere sorpassato dal giardino all’italiana, celebrazione della geometria. Nella piena e matura accezione l’hortus conclusus era uno spazio chiuso e protetto, con aiuole di forma squadrata delimitate da recinzioni di canne intrecciate a scacchiera o da siepi basse, con grandi cassoni delimitati da tronchi o muretti a secco ricolmi di piante, collegate da sentieri a squadro e disseminati di alberi con potature geometriche secondo i canoni classici dell’ars topiaria in uso fin dalla Roma repubblicana. Nei giardini dei castelli più sfarzosi non era raro trovare anche cigni e pavoni in libertà o voliere e serragli di animali rari ed esotici. Elementi architettonici essenziali e sempre presenti erano il padiglione allestito per le celebrazioni di corte ed il pergolato in e con rose rampicanti sfondo tipico di ogni convegno amoroso.
Nessun giardino medievale si è purtroppo conservato in forma originale. Possiamo ricavarne le caratteristiche solo da poemi, canzoni o fonti letterarie di epoca tardo medievali, ad esempio nella Divina Commedia quando Dante descrive il giardino dell’Eden o nelle opere di Boccaccio che per primo descrive il giardino come un luogo di svago e leggerezza, dove si mangia, si danza, si gioca. Esistono anche alcune raffigurazioni pittoriche come lo splendido ciclo di affreschi della Sala del Padiglione nel Castello di Vignola a Modena o quelle dei numerosi codici miniati e libri che purtroppo sono però fortemente idealizzate e poco realistiche a dispetto della quantità di dettagli.
Una curatissima ricostruzione di giardino monastico si trova in Francia presso il priorato di Notre Dame d’Orsan nel dipartimento dello Cher.
In Italia sono numerose le ricostruzioni, alcune di particolare rilievo per bellezza e accuratezza storica:
Il giardino medievale di Palazzo Madama (Torino) dove accanto alla divisione caratteristica della regola benedettina sono visitabili anche strutture tradizionali come la falconara.
Il giardino della Rocca di Angera (Varese) che domina la sponda meridionale del Lago Maggiore espressione di uno studio su codici miniati e documenti particolarmente approfondito sul simbolismo dell’hortus conclusus.
L’orto medievale nel complesso abbaziale di San Pietro a Perugia sede della Facoltà di Agraria. È una ricostruzione sulla base della numerologia medievale e delle concezioni benedettine che vedevano in ogni aspetto della natura un segno tangibile di Dio. È un orto monastico che racchiude un giardino botanico, una rappresentazione del Paradiso Terrestre, una testimonianza del valore simbolico e spirituale delle piante nel medioevo come l’olivo (albero della luce e della scienza), il fico (la pianta del Bene e del Male), il cipresso (connessione della Terra col Divino), il pino (l’albero di mago Merlino), la quercia (l’albero della croce) solo per citarne alcuni.
Il giardino medievale del castello Orsini di Vasanello (Viterbo) con piante autoctone, anteriori alla scoperta dell’America, e ricostruito sulla base di due importanti documenti: la pianta dell’Abbazia di San Gallo del 756 e il Capitolario De Villis di Carlomagno.